di Marco Scorzato
Matteo Renzi ha messo gli occhi sulla casa del popolo di Marano. Non cerca alloggio né un circolo ricreativo, ma è a caccia di capitali: per il partito, non per sé. Più precisamente, visto che il premier si occupa di riforme e incontra Obama e Merkel, alla casa del popolo di Marano e a quelle di Torrebelvicino e Santorso e ad altri immobili in tutta Italia, ha delegato Francesco Bonifazi: tesoriere del Partito democratico.
Questa infatti è una storia di soldi, come molte nella vita: si campa con quelli e i partiti non fanno eccezione, soprattutto ora che i rimborsi elettorali vanno ad esaurirsi entro il 2017. Urgono risorse alternative e una, in particolare, alletta il Pd nazionale: il patrimonio immobiliare dei Democratici di sinistra, che all´atto fondativo del partito di Walter Veltroni fu tenuto rigorosamente separato dal “neonato” e, con la regìa del tesoriere Ugo Sposetti, custodito in una galassia di fondazioni corrispondenti al centinaio di ex federazioni provinciali del Pci-Pds-Ds.
È questa storia che porta oggi Renzi & Bonifazi a guardare anche al Vicentino, dove la Fondazione Nordera Busetto custodisce 16 immobili di proprietà: vecchie sedi Ds e circoli operai da Dueville a Bassano, da Valdagno a Vicenza, che valgono «al catasto 2 milioni 800 mila euro, ma ben di più sul mercato». È la storia che ha il volto di Claudio Rizzato, presidente della fondazione, e degli altri 16 membri del consiglio d’indirizzo e dei 9 del consiglio d´amministrazione: guardiani del tesoretto, per nulla intenzionati a mollare al Pd «un patrimonio costruito dal basso con il sacrificio degli iscritti». E se lo dice Rizzato, ex Pci sì ma oggi iscritto al Pd e «sostenitore di Renzi», c’è da credergli.
Tutto iniziava nel 2007, dalle nozze Ds-Margherita dove ciascuno portava la sua dote. «Noi le sedi, loro i soldi», ricorda Rizzato. Questione di storia e cultura diverse. I Ds avevano i beni costruiti o comprati «con gli sforzi della base», mentre «la cassa piangeva», perché «molto drenava L´Unità». Il fronte ex Dc «era più “liquido”, con sedi in affitto, perché si appoggiava a parrocchie e sedi istituzionali, laddove governava». Ma la liquidità scivola via, i beni restano. Di qui la prudenza Ds di creare le fondazioni-cassaforte.
Oggi quel tesoro Ds torna d´attualità (e s´intreccia con i venti di scissione dell´ala sinistra del Pd). Il braccio di ferro è in atto. Il presidente dei democratici Matteo Orfini, che pure ha il cuore a sinistra, ha dichiarato al Corriere: «Quando nacque il Pd si volevano tagliare le radici, ma ora siamo in una fase diversa, vedi il ritorno delle Feste dell´Unità. Siamo entrati nel Pse. Non c´è ragione perché il patrimonio dei Ds resti lì». Ma Sposetti alza il muro: «Pensino ai lavoratori. Se non ci fosse stato Sposetti a registrare, per anni, il marchio della Festa dell´Unità e il dominio Internet, non avremmo neanche più quello». E punta il dito sul «calo degli iscritti» del Pd.
Rizzato è lo Sposetti vicentino. Stesso ruolo su scala diversa – tesoriere Ds e custode dei beni – e stesso approccio: «Nell’81 – ricorda – guidavo il Pci di Quinto e comprammo la sede per 9 milioni di lire, con contributi di iscritti e proventi della Festa dell´Unità. Dieci anni fa, nei Ds, la quota-tessera media era di 60 euro. Oggi il Pd fa le tessere a 20 euro e ha meno iscritti. La situazione è delicata. Ma per far vivere un partito, soprattutto senza finanziamento pubblico, ciascuno deve contribuire secondo i propri mezzi. Il patrimonio? Non può essere la scorciatoia, anche perché non si dice cosa si vuol farne: risparmiare sull´affitto delle sedi? Ma noi già le diamo al Pd in comodato d´uso gratuito. Non vorrei che volessero dilapidarlo, il patrimonio. E con quello la storia della sinistra». Parola di renziano. Che ricorda a Renzi & C. che i conti si fanno con l’oste.
Il Giornale di Vicenza
7 ottobre 2014, pagina 14